lunedì 7 ottobre 2013

Fabio Trevisan recensisce per noi La Chiesa e la Terra di Padre Vincent McNabb



Va ascritto al coraggio della meritoria Libreria Editrice Fiorentina (LEF) la pubblicazione di questo importante saggio (tradotto per la prima volta in italiano) di P. Vincent McNabb (1868-1943): “La Chiesa e la Terra” del 1925. Come puntualmente ricordato dallo stesso editore Giannozzo Pucci nella Presentazione, il frate domenicano McNabb riempie un vuoto che fino ad oggi è parso quasi una capitolazione al mondo da parte di un certo “realismo cattolico”(che ha diviso una fede privata con l’anima, le preghiere ed alcune opere di misericordia corporale da una parte ed una dimensione pubblica che, dall’altra, ha lasciato il mondo nelle mani degli esperti della trasformazione delle pietre in pani), suscitando una legittima domanda: “La fede in Dio che si è incarnato come può non incarnarsi nella vita quotidiana?”. A questo impellente e sempre attuale interrogativo ha saputo rispondere P. Vincent McNabb, sulla scorta delle Sacre Scritture, di S. Tommaso d’Aquino ed alla luce dell’enciclica del 1891 Rerum Novarum di Leone XIII, che assieme ad altri amici commentava ed elaborava costantemente. Uno di questi amici, lo storico prestigioso scrittore anglo-francese Hilaire Belloc (1870-1953), nelle Riflessioni post mortem su P. McNabb (riportate egregiamente nel libro) ebbe a scrivere su di lui: “L’elevata statura morale, la sapienza, l’esperienza e soprattutto la saggezza che lo hanno contraddistinto, nulla avevano a che fare con il mondo che lo circondava … Scrivo per esperienza personale, intima. Vincent McNabb e io siamo stati a passeggiare insieme nell’occasione più importante della mia vita … Ho conosciuto, visto e sentito la santità in persona”. L’originale caratteristica di questa raccolta di brevi saggi, che va dagli accorati appelli a fuggire le occasioni di peccato alle  coraggiose lettere aperte alle autorità politiche, si innerva su una profonda spiritualità ed una fede che non disdegna l’impegno cattolico diretto, anzi lo auspica e lo provoca, nella prospettiva di realizzare i propositi contenuti nell’enciclica leonina sopra evocata. Nella Prefazione dello stesso McNabb si legge infatti un’autentica dichiarazione che ne palesa il vigore e il desiderio di lottare per le vie del Signore: “Questi saggi non sono semplicemente un’opera da topo di biblioteca, né le contemplazioni ascetiche o mistiche di uno studioso, anzi potrebbero quasi essere considerati gli schizzi di sangue fuoriusciti a forza dalla mente e dal cuore di un prete che combatte nella prima linea della vita”. Da contraltare a questo sano intento bellicoso (a difesa della vita!) sta, già nel primo capitolo, l’ Appello ai contemplativi , in cui l’autore richiama l’urgenza di occuparsi delle cose del cielo ma anche della terra: “Se c’è una verità che più di ogni altra la vita e il ragionamento ci hanno fatto riconoscere è che vi è qualche speranza di salvare la civiltà o la religione solo se i contemplativi ritorneranno alla terra!”. Il sano ed equilibrato realismo tomista traspare chiaramente con quest’altre inequivocabili parole che poggiano su una visione trascendente e cristiana:  “Misura i tuoi bisogni non con le misure del mondo, ma con il braccio del Re. La tua unità di misura non sia Babilonia, Tebe, Parigi, New York o Londra, ma Betlemme, Nazareth, Cafarnao, il Calvario”. Anche il secondo capitolo (Prima le cose più importanti) riflette un giusto ordine divino e reale, pure nelle necessità economiche primarie (il cibo, il vestito, l’alloggio e l’energia). In tal modo McNabb distingue tra valore o bene nominale, ad esempio il salario, dai beni vitali o primari, facendo un ordine di merito rinvenibile anche dal mistico, che sembrerebbe escluso da tali ragionamenti apparentemente solo economici: “Senza dubbio i mistici, come al solito, erano più avanti del resto della civiltà con il loro curioso eppure vitale strumento chiamato esame di coscienza”. L’esame di coscienza particolare e svolto durante alcune fasi della giornata permette quindi di rispondere ai bisogni primari dell’uomo: “Credo, perciò, che un genio o un santo potrebbe redigere un bilancio col quale l’uomo di oggi possa misurare la bontà o meno della civiltà moderna”. Con William Cobbett (1763-1835), il fondatore del giornale The Political Register, che forniva una critica radicale ai mali e all’influenza del capitalismo sulla società inglese, McNabb concordava nel definire la storia come una congiura contro la verità. Nel difendere l’uomo, la famiglia, i diritti di Dio, il padre domenicano rifletteva su analisi e statistiche che evidenziavano i mali sofferti nel sistema capitalistico delle città, inveendo contro il satanismo dei movimenti laicisti di controllo delle nascite: “E’ evidente che, dal punto di vista teologico, lo stato delle cose in cui migliaia di famiglie vivono in una sola stanza è un’occasione che espone al neo-maltusianismo, proprio come abitare in una casa di malaffare è un’occasione che espone al peccato sessuale. E le nostre denunce di un sistema peccaminoso sembreranno, se non blasfeme, come minimo ipocrite, se non saranno accompagnate dal sincero sforzo di porre fine a tale sistema”. A sostenere l’impegno contemplativo e pratico del frate domenicano soccorreva, ancora una volta, S. Tommaso d’Aquino con la sua “urbanistica”, come dal capitolo III del libro II del De Regimine Principum: “Di come la città che il re deve costruire debba avere mezzi di sostentamento sufficienti, perché senza di essi non può essere completa” a cui McNabb poteva aggiungere che quanto più una cosa è autosufficiente tanto migliore è, poiché ciò che ha bisogno di altro è evidentemente incompleto.  Alfiere dello stato distributivo (cioè lo stato in cui vi è il massimo numero di proprietari), P. Vincent McNabb , citando continuamente la Rerum Novarum, ha auspicato la promozione e la costruzione di iniziative pratiche per superare le ideologie capitalistico-individualiste e socialiste-collettivistiche, proponendo un modello di civiltà cristiana a partire dalla famiglia, dalla fede e dalla terra. Sull’annoso e mai risolto problema della disoccupazione, McNabb, dopo averne rilevato l’uso molto raro del termine fino agli inizi del XX secolo, ha osservato con acutezza che al contrario del termine “lavoro”che comporta un rapporto soltanto con una cosa, il termine “disoccupazione” (che ha sostituito il precedente termine “i senza lavoro”) aggiunge, oltre alla relazione con una cosa, un altro rapporto con una persona o datore di lavoro. Riprendendo l’autorevolezza dell’enciclica di Leone XII, il padre domenicano ha ribadito che il problema dei “disoccupati” non è la disoccupazione, ma la povertà, riconducendo il problema alla crisi (antecedente al crollo di Wall Street del 1929) a livello economico a un problema di errata produzione. La critica del sistema industriale dell’Inghilterra e dei Paesi Occidentali non era volta solo, nell’analisi di McNabb, al peggioramento delle condizioni di vita di grandi fasce di sottoproletariato urbano, ma anche alla minor qualità della stessa produzione in serie o quantitativa: “I macchinari non possono darci le cose migliori, ma ci danno una gran quantità di cose peggiori o, per lo meno, di seconda qualità”. Anche il sistema dei trasporti (ferrovie, metropolitane,ecc.) per agevolare gli spostamenti più repentini possibili delle merci erano posti sotto accusa dal grande frate di origini irlandesi, in quanto rendevano meno accessibili i beni essenziali alla vita per la maggioranza dell’umanità. Ironicamente P. McNabb poteva rilevare così che nella pratica, mentre alcuni erano diventati più ricchi, altri (la maggioranza) erano divenuti più poveri, così che lo Stato non si dovrà più chiamare Commonwealth, ovvero ricchezza comune, ma povertà comune. La difficoltà nel percepire il valore della raccolta di saggi (molto attuali) di P. Vincent sta nella separazione e secolarizzazione moderna dei diversi ambiti della vita, in cui da una parte sta la politica oppure l’economia rispetto alla fede e all’etica cristiana. Nel capitolo centrale intitolato: ” L’economia dell’Esodo” l’autore ci mostra non solo la stretta connessione della vita con l’Antico Testamento (“C’è una possibilità che la Bibbia, come libro di dogmi e di morale, ha ampiamente perso la sua presa sulle menti moderni, riesca a recuperare il suo ascendente come libro di economia”) ma anche la pregnante pertinenza delle osservazioni razionali di S. Tommaso d’Aquino con le dottrine economiche: “Nel XIII secolo San Tommaso d’Aquino fu tra i primi a riconoscere nel codice di leggi mosaiche una raccolta di principi economici, cosa che fu di primaria importanza per l’Europa del suo tempo”. Mettendo quindi a confronto il sistema della proprietà privata diffusa (incoraggiata dalla Rerum Novarum) con il sistema salariale, prodotto della “civiltà industriale”, P. McNabb ha rilevato l’effettiva mancanza o la penuria di beni primari quali cibo, vestiti e case, caratteristica, insieme alla disoccupazione, dell’incubo industrialista. Questo spaventoso incubo divenuto realtà è sintetizzato con parole di sdegno: “Una civiltà che conduce le sue masse lontane dai ruscelli e dai boschi, un popolo che paga tanto al litro l’acqua e paga un prezzo per la legna da ardere, ha ceduto la propria spada al nemico. La capitolazione è solo una questione di tempo. La morte potrà essere rimandata, non evitata”. Alla Babilonia del centro industriale con le sue tentazioni oscene in cui, sempre secondo le parole caustiche di P.Vincent, non vi è spazio né cibo per una grande famiglia nella grande città moderna, bisognava contrapporre le misure di Nazareth: “L’ora di Greenwich misura il giorno. L’ora di Nazareth misura anche l’eternità. Tutte le nostre costruzioni individuali e sociali, per essere durevoli, devono essere verificate da quelle misure di quella piccola scuola di veggenti della verità i cui nomi sono la musica stessa della vita: Gesù, Maria, Giuseppe!”. La centralità e cellula fondamentale della famiglia nell’edificazione dell’esistenza umana è imprescindibile ed il monito di P. McNabb appare, soprattutto ai giorni nostri in cui la famiglia è posta in discussione, assiomatico e sicuro: “La misura di lunghezza e peso e valore è la Famiglia … Che nessun inganno di utilità sociale la faccia cadere nell’errore di offendere l’autorità del Padre, la castità della Madre, i diritti e quindi la proprietà del  Figlio”. Nell’ipotetica lettera aperta al primo ministro inglese, McNabb lo supplica, in primo luogo, di mostrare al Paese l’essenziale buonsenso di ricavare la saggezza dal fallimento, e il bene dal male. In secondo luogo lo sprona a fondare il suo governo sui principi etici piuttosto che sulla maggioranza matematica, recuperando il senso pieno della politica come servizio al bene comune attraverso i due principi complementari dell’autorità e dell’obbedienza, in cui tale principio non si deve fondare tanto sull’autorità di chi comanda e sull’obbedienza di chi è comandato, quanto sull’OBBEDIENZA ALL’AUTORITA’ (evidenziato in maiuscolo dallo stesso autore). McNabb puntualizza così che l’unico diritto divino concesso in ugual misura alle maggioranze e alle minoranze politiche si basa sull’adempimento dei doveri divini. In tal senso vengono sottolineati i due fondamentali principi di autorità e proprietà come venissero attuati secondo le intenzioni del loro divino Autore (Dio). Concordando con il Cardinale Francis Bourne (1861-1935), il padre domenicano stigmatizza la plutocrazia realizzata all’inizio del XX secolo, in cui secondo le parole del porporato: “L’oligarchia terriera si era fusa con i magnati del commercio, e tale fusione aveva prodotto la plutocrazia”. Non mancavano nelle penetranti analisi del Card. Bourne lo smascheramento delle malizie diaboliche che avevano prodotto uno stato servile: “Mente la costituzione aveva assunto forme sempre più democratiche, la realtà che ne costituisce il fondamento è diventata sempre più plutocratica. Sotto la parvenza di RIFORME SOCIALI (scritta in maiuscolo dall’autore) le leggi hanno teso a connotare tutti i salariati come una classe definitivamente servile”. Condividendo fortemente le espressioni e gli accenti posti dal porporato, soprattutto in merito alle condizioni servili dell’uomo, P. Vincent McNabb ha precisato l’importanza dei diritti dei genitori (da dedicarne persino il titolo di un capitolo) quali diritti naturali e non costituzionali, ossia dipendenti dalla volontà dell’uomo, ma dipendenti appunto dalla sua natura o nascita. Di conseguenza McNabb può desumere che: “Quando nasce un bambino i genitori si trovano in possesso di dati diritti che, sebbene causati dagli atti del matrimonio e della procreazione da loro compiuti, non sono determinati dalla loro volontà, né da quella dello Stato o dell’uomo, ma dalla volontà di Dio”. Questa raccolta di saggi testimonia l’amore per la verità ed il sano realismo tomista del padre domenicano ed il costante richiamo all’autentica voce della coscienza, che non è relativismo opinabile, ma accettazione di una realtà più grande, di un disegno di Dio che supera le miserie umane: “Comincerai ad esaminare la tua coscienza non sull’erroneità di ciò che è palesemente sbagliato, ma sulla possibile erroneità di ciò che è apparentemente giusto”. Rivolto ad un latifondista che ha così escluso la proprietà limitata, P. McNabb non ha usato mezzi termini nel rimproverargli l’ambiguità dei suoi successi commerciali: “Il salario del peccato è la morte. Il peccato rende. Ma il suo frutto è la morte. Aggiungere “casa a casa e campo a campo” rende. Ma chiedi al profeta che ha coniato questa espressione micidiale, qual è il salario di questo meschino affare ottenuto. Poi maledici lui; non me”. A conclusione del suo Credo, P. Vincent McNabb sintetizza il vero spirito di servizio, anche economico: “Credo che servire Dio servendo l’uomo non vuol dire essere schiavi, ma re. Servire Deo regnare est. Il servizio di Dio è dignità regale”. Nella commossa difesa delle “botteghe” degli artigiani davanti ad una vetrina con un amico d’infanzia, P.McNabb tristemente non poteva che attestare già allora: “Erano rimaste poche botteghe. Nobili arti e commerci stavano rapidamente sparendo di fronte ad anonimi esercizi commerciali o supermercati …Ho visto l’Inghilterra di una volta, e il mio cuore ha sussultato al pensiero dell’Inghilterra che sarà”. Non si tratta chiaramente di nostalgismo ma il rendersi esatto conto (come anche noi ora ci stiamo accorgendo) del fallimento umano di chi ha costruito come se Dio non esistesse, secondo le misure di Babilonia. L’appello rivolto da McNabb non è esclusivo dell’epoca né ancorato ad un ordine tradizionale che non può ritornare, anche se il suo peregrinare terreno attestava la riserva spirituale e l’ardore del frate domenicano: “Un giorno ho camminato da solo per una quarantina di chilometri in campagna. Eppure non ero solo! Neanche per un attimo sono stato privato dell’allegro battaglione di martiri e confessori che erano divenuti pellegrini al mio fianco”. Alla luce di quanto stiamo vedendo, le affermazioni talvolta sconcertanti e tremendamente attuali di P.Vincent McNabb potrebbero ancora adesso scuotere le coscienze, affinché cogliessimo le prospettive illusorie della “saggezza mondana” e della “supremazia industriale” che, secondo le testuali parole del frate domenicano: “Dopo aver mosso una guerra (la Grande Guerra) che ci ha mandato in fallimento, hanno continuato scatenando una pace che ci ha ridotti dei mendicanti”. Ora come allora è un momento adatto per la realtà e la verità. Approfittiamo della lungimiranza di questa preziosa raccolta di saggi per far propri gli intenti di questo coraggioso padre domenicano che invitava non solo a denunciare il peccato ma ad impegnarsi per cambiare le condizioni che rendono eroica virtù fuggire il peccato.

FABIO TREVISAN

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