venerdì 8 giugno 2012

Il soprannaturale è naturale - Scritti per l'Italia, Marietti 1820. Recensione a cura del nostro presidente.


Gilbert Keith Chesterton. Il soprannaturale è naturale - Scritti per l’Italia, Marietti 1820 - 2012. pp. 112 - € 12,00 - a cura di Marco Antonellini.

Il volumetto proposto da Marietti 1820 è un compendio di scritti italici di Chesterton, ossia di articoli (ma comprende anche due conferenze date in Italia da Gilbert) pubblicati su alcune riviste letterarie italiane e scritti appositamente per loro (sostanzialmente Il Frontespizio, di cui più volte abbiamo parlato su questo blog, e La Ronda, altrettanto ripetutamente mentovata in questo medesimo luogo a proposito della sua frequentazione da parte di GKC, Hilaire Belloc, Giovanni Papini e naturalmente del mentore italiano di Chesterton, Emilio Cecchi; poi Italia Letteraria e L’Illustrazione Toscana).
Chesterton si conferma amante dell’Italia per plurime e non nascoste ragioni.
La raccolta è interessante perché è frutto dello sforzo “filologico” e storico di Marco Antonellini, curatore di quest’opera come pure “scopritore” italiano de La Ballata del cavallo bianco edita da Raffaelli e tradotta con maestria dalla nostra Annalisa Teggi, riproposta in una nuova edizione con postfazione di Marica Ferri (ricordiamo a tal proposito che quella italiana è attualmente ancora l’unica traduzione della Ballata: un vero paradosso per un’opera assolutamente imprescindibile per chi vuole davvero conoscere Chesterton e che può essere tranquillamente messa a fianco di Ortodossia, Uomovivo, L’Uomo che fu Giovedì e L’Uomo Eterno come opera fondante il suo pensiero).
Bisognerebbe ringraziare Antonellini anche solo per aver riscoperto il Cavallo Bianco.
Qui ci viene dato modo di riscoprire la fine tessitura dei rapporti tra Chesterton e l’Italia.
Il nostro caro Gilbert soggiornò nella nostra patria diverse volte da adulto ed una misconosciuta volta da ragazzo assieme al padre Ed (si ha conoscenza di questa prima visita da alcune sue lettere, si sa che visitò Firenze). Una volta (tra il 1919 e il 1920) vi soggiornò in transito verso e dalla Palestina (quindi due volte), e al ritorno formulò in Puglia, in una chiesa nell'area del porto di Brindisi, il famoso voto che lo portò alla conversione nel 1922; poi ci fu una lunga permanenza a Roma nel 1929 - 1930 (fu la volta della conferenza che troverete nel volume su San Tommaso Moro, quella del lungo soggiorno all’Hotel Hassler vicino Trinità dei Monti, quell’hotel in cui un giorno lo trovarono, nella hall, intento a farsi pettinare da un gruppetto di bambini divertitissimi quanto lui...), e la quasi epica occasione del Maggio Fiorentino del 1935 (di cui vi è traccia nel mini volumetto edito da Raffaelli dal titolo La letteratura inglese e la tradizione latina).
Chesterton vantava numerosi ed insigni estimatori italiani, oltre ai già nominati Emilio  Cecchi e Giovanni Papini: Carlo Bo, don Giuseppe De Luca (una delle menti de Il Frontespizio, trovate su di lui notizie su questo blog), un insospettabile Antonio Gramsci (notizie sul blog), con buona pace di tutti Benito Mussolini (non torno sull’argomento: ricordo a tutti di leggere i recenti post e soprattutto il libro -forse introvabile ma speriamo presto ripubblicato- La resurrezione di Roma) e lo stesso Papa Pio XI, oltre a quel mons. Giovanni Battista Montini futuro Paolo VI.
Quando giunge in Italia famoso nel ’19, Chesterton vanta già un buon numero di pubblicazioni in lingua italiana: La Ronda aveva pubblicato a puntate Manalive col titolo Le avventure d’un uomo vivo nella traduzione di Emilio Cecchi, Lettere ad un vecchio garibaldino, Berlino Barbara e molto altro ancora. Ortodossia sarebbe apparso di lì a poco in un’edizione mai modificata di Morcelliana e giunta ad oggi ad un numero notevole di edizioni e ristampe.
Ripeto, il rapporto di simpatia verso i paesi di cultura cattolica (amò, oltre l'Italia, l'Irlanda, la Polonia e Malta) fu immediato anzi anche quasi sanamente preconcetto: dirà in Ortodossia nel 1908 che 
"I paesi di Europa rimasti sotto la influenza dei preti sono precisamente quelli dove ancora si canta, si danza, e ci si mettono vestiti sgargianti e l’arte vive all’aperto. La dottrina e la disciplina cattolica possono essere dei muri, ma sono i muri di una palestra di giuochi. Il Cristianesimo è la sola cornice in cui sia preservata la gioia del paganesimo". 
L’Italia, dal suo canto, corrispose subito l’affetto tributando a GKC un successo editoriale notevole. Un rapporto originato anche grazie alla saggia curiosità di Emilio Cecchi (per gli appassionati degli archivi, non tutti forse sanno che al Gabinetto Vieusseux a Firenze esiste il Fondo Emilio Cecchi con quattro lettere di Frances Chesterton, moglie e manager di Gilbert, e dieci lettere di Hilaire Belloc, tutte incentrate su questi rapporti), che lo lesse in inglese, lo cercò, lo andò a trovare nella sua  Beaconsfield, lo intervistò (spettacolari i resoconti di questi incontri), lo introdusse negli ambienti letterari italiani conferendogli l’impronta che lo ha caratterizzato sino ad oggi (e della quale forse fatichiamo a volte a trovare altre compatibili aspetti: il Chesterton “italiano” è un grande letterato, eccelso scrittore di romanzi e gialli, saggista, ma ancora pochi conoscono il Chesterton giornalista, polemista e soprattutto distributista... il recente convegno di Roma a La Civiltà Cattolica contribuisce a fare luce anche su questo anche se ancora molto manca). L’interesse fu grande se pensiamo che gli uomini citata poco fa lo portarono ad una grande notorietà.
Bella allora l’idea di Marco Antonellini che fa riscoprire all’Italia di essere stata così amica e da così tanto tempo del grande Gilbert.
Sono comunque tanti gli accenni che Chesterton fa alla nostra cara patria: il volume La resurrezione di Roma le è tutto dedicato, La fine della strada romana, La ballata del cavallo bianco portano in sé l’idea che la tradizione latina e cattolica sia alla base della cultura inglese molto più di quella germanica e protestante, motivo ripreso anche nella famosa conferenza del Maggio Fiorentino, ripubblicata da Raffaelli.
I contributi scelti da Antonellini hanno tutti gran pregio (qualche giorno fa Avvenire ha pubblicato “Capelli spaccati in quattro” tratto da Il Frontespizio, che da questo blog quattro anni fa rilanciammo grazie alla ricerca di Angelo Bottone), segno che il notevole ed incontenibile profluvio letterario chestertoniano, di fronte all’Italia scelse forse le sue corde migliori e toccò i suoi motivi più convincenti.
E’ bello che emerga questo rapporto perché se ne possono intravedere e studiare le motivazioni più recondite ed anche quelle del progressivo oblio che il Nostro Campione ha subito sino a tempi recentissimi e che noi chestertoniani italiani consideriamo causato proprio dalla sua non completa accettazione e del progressivo “imborghesimento” della cultura italiana, inclusa quella cattolica.
Il volume esce per i tipi della Marietti 1820 che ha già dato alle stampe le prefazioni chestertoniane alle opere di Dickens sotto il titolo Una gioia antica e nuova e la traduzione di Edoardo Rialti.
Come presidente della Società Chestertoniana Italiana, non posso che essere felice di questa pubblicazione che aggiunge un nuovo importante tassello alla conoscenza di Chesterton tutto intero e ci fa scoprire anche il Chesterton "italiano".

Marco Sermarini

modificato il 12 Settembre 2017

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