mercoledì 15 giugno 2016

Il romanzo dell’ortodossia - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

"Tutti si lamentano della nostra epoca tumultuosa e dinamica: ma in verità caratteristica principale di quest'epoca è la sua profonda pigrizia e stanchezza"


zOrtodosNel capitolo VIII del grande saggio: "Ortodossia" del 1908, Chesterton esordiva con questo sorprendente paradosso riportato in corsivo. Questa profonda pigrizia e stanchezza cui alludeva era l'incapacità di pensare, di riflettere adeguatamente sulle cose fondamentali. Il grande saggista londinese si scagliava conseguentemente contro la mollezza e l'imprecisione del linguaggio moderno: "Il meccanismo del linguaggio moderno è in gran parte un meccanismo per il risparmio di energia; esso risparmia l'energia mentale più di quel che dovrebbe".  Chesterton faceva riferimento al sano realismo cristiano che guardava alla realtà oltre le superficiali apparenze. Il ritratto della società ai suoi tempi era quello di persone che si industriavano per nascondere sostanzialmente la fatica del ragionare e quindi di aderire all'ortodossia cattolica.

Egli l'aveva ammesso fin dall'inizio del saggio: "Sono io che ho scoperto ciò che era stato scoperto prima", riferendosi alla verità cristiana, ovviamente preesistente alla sua nascita. Il cavallo di battaglia dell'ortodossia era inserito nella cornice di uno splendido romanzo, in una grandiosa avventura che lo vedeva precipitarsi contro il modernismo e i suoi falsi ideali di accomodamento ai tempi: "Quasi tutte le proposte miranti a portare la libertà della Chiesa sono semplicemente proposte che porterebbero la tirannia nel mondo. Liberare la Chiesa, oggi, non significa liberarla in tutte le direzioni". Bisognava lottare per preservare la bellezza e la ragionevolezza dell'autorità dei dogmi, della dottrina cattolica, pena la tirannia: "C'è una sola cosa che non può mai andare oltre un certo punto nell'alleanza con l'oppressore, e questa cosa è l'ortodossia". 

Anche ai nostri giorni ravvisiamo sempre più l'esattezza della filosofia chestertoniana; chi si agita contro la dottrina e i dogmi non sta portando più serenità e pace (come apparentemente potrebbe sembrare) ma esattamente l'opposto, ovvero confusione e disperazione, disordine e terrore. L'apparenza inganna. Chesterton avvertiva che: "Il Figlio di Dio non è venuto a portare la pace ma una sibilante spada, cioè ogni uomo che predica il vero amore è obbligato a generare l'odio". Ed aggiungeva, in modo da togliere ogni dubbio interpretativo: "Il falso amore finisce nel compromesso; il vero amore nello spargimento di sangue". Nella mentalità moderna un simile ragionamento darebbe la patente di guerrafondaio al grande scrittore inglese. Una scorciatoia ancora una volta per non pensare. Per Chesterton, dopo la Riforma protestante l'umanità aveva perduto l'unione tra fede e ragione, abbandonandosi alle suggestioni e ai pregiudizi.

Con l'uso di questi suggestivi ed appassionati paradossi, egli intendeva portare la luce e la chiarezza dell'ortodossia. Servivano per illuminare una ragione deturpata e per ammonire tutti coloro che, con la pretesa di portare più libertà, aumentavano di fatto l'oppressione: "Uomini che cominciano a combattere la Chiesa per amore della libertà e dell'umanità finiscono col combattere anche la libertà e l'umanità pur di combattere la Chiesa". Ai nostri giorni, dove si è smarrito il lume della ragione sostenuto dalla fede (poiché la fede illumina e amplia la ragione), non si può che vedere nell'interpretazione di Chesterton una straordinaria radiografia della nostra società, che non sa più nemmeno cosa siano le reali radici cristiane. A questa generazione traviata e smarrita valga il monito di Chesterton a conclusione del capitolo VIII: "Non soltanto la fede è madre di tutte le energie del mondo, ma i suoi nemici sono i padri di tutta la confusione del mondo". 

Ecco perché bisognava lottare, ecco cosa si sarebbe dovuto fare per salvaguardare l'ortodossia.

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