giovedì 2 luglio 2015

La fine dell'Isola degli Ulivi - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

"Ho visto qualcosa, oggi, che è peggio della morte: si chiama Pace"

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Nel secondo capitolo del romanzo: "L'osteria volante", scritto da Gilbert Keith Chesterton nel 1914, si prospetta la resa politica e diplomatica della Cristianità occidentale all'Oriente, in particolare all'Islam, come punteggiato dal ministro inglese Lord Ivywood: "C'è una cosa che vorrei chiedere alle Vostre Eccellenze: perché dovremmo essere così presuntuosi da pensare che l'unica salvezza del vicino Oriente sia per forza il vicino Occidente? Se servono nuove idee non sarebbe più naturale ricorrere a civiltà più vive e laboriose, come ad esempio le civiltà che compongono la vasta riserva dell'Oriente?Non sarebbe bello vedere l'Asia in Europa, ma un'Asia in pace? Sono queste le ragioni che mi spingono ad accettare un disegno di colonizzazione". 

A fronteggiare la deriva dei principi e valori cristiani d'Occidente non era, secondo Chesterton, il mondo politico diplomatico ed istituzionale ma due personaggi che incarnavano il senso comune ed il desiderio di lottare per la verità e la difesa della legge naturale: un coraggioso marinaio irlandese, Patrick Dalroy, e un oste, Humphrey Pumph, titolare dell'insegna della "Vecchia Nave", che diventerà l'Osteria Volante. La fine dell'Isola degli Ulivi è decretata da quell'audace ed impertinente marinaio, che non accetta di negoziare in quel modo la pace per l'Europa e che sradica quegli ulivi, simboli illusori di una pace traditrice ed inerme e che fronteggiando i responsabili politici e culturali di quei patti meschini innalza il proprio ramoscello d'ulivo sulle loro teste: "Ecco il mio ramoscello d'ulivo – disse Dalroy, facendo vacillare l'albero sradicato che si abbatté sull'intera adunanza- un ramoscello d'ulivo più glorioso della mia spada ed anche più pesante…Adesso me ne posso andare. Ho visto qualcosa, oggi, che è peggio della morte: si chiama Pace". Dalroy aveva sentito aleggiare apparenti riflessioni, che oggigiorno potrebbero richiamare all'omologazione forzata del Pensiero Unico: "Penso che ormai un unico pensiero ci accomuni…penso che ormai tutti noi convergiamo su un'unica idea: la pace deve essere radicale quanto la guerra". Secondo lo scrittore cattolico londinese l'osteria volante rappresentava l'ultima estrema difesa, un grande valoroso baluardo contro il fiume dell'illogicità umana che continuava imperterrito il suo corso. 

Nel 1914 aveva inoltre paventato il pericolo di un falso ecumenismo, come aveva evidenziato nelle parole di Lord Ivywood: "La nostra è un'epoca in cui gli uomini si rendono conto che ogni credo contiene anche per gli altri tesori immensi, che ogni religione ha un segreto per i suoi vicini…se dunque è vero che noi occidentali abbiamo portato qualche lume all'Islam per quello che riguarda valori preziosi come la pace e l'ordine, perché non dire che l'Islam, in cambio, porterà la pace in migliaia di focolari domestici incoraggiandoci ad abolire le calamità che tanto ha fatto per traviare e snaturare le virtù della Cristianità occidentale?". Non voglio prolungarmi oltre nella descrizione di questo incredibile ed attualissimo romanzo, anche per non togliere il fascino della lettura a tutti coloro che non lo conoscessero. Desidero solamente prospettare, con Chesterton, che questa de-cristianizzazione dell'Europa non porterà ad alcun frutto positivo. Chesterton l'aveva denunciato più di un secolo fa e la difesa del sacro vino (simboleggiato dal barilotto di rhum portato in giro come vessillo anti-islam da Patrick Dalroy e da Humphrey Pump) è ancora sotto i nostri occhi ad ammonirci ed a chiederci: "Cosa stiamo facendo? Stiamo difendendo la Vecchia Nave, l'Osteria Volante?".

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