sabato 15 marzo 2014

Tomas Halik, un prete chestertoniano amante dei paradossi vince il Premio Templeton 2014


Per i cattolici della Repubblica Ceca il 13 marzo di quest'anno non rimarrà un giorno di festa e gioia soltanto perché in questa data ricorreva il primo anno di pontificato di Papa Francesco, ma anche perché la mattina di questo stesso giorno il loro connazionale Tomas Halik, prete 65enne originario di Praga, ha vinto a Londra il premio Templeton, che con il suo 1,83 milione di dollari, molto più del ricchissimo premio Nobel, insignisce una persona che con le proprie idee, scoperte e azioni abbia contribuito a "sostenere la dimensione spirituale della vita".

Come ha ricordato l'esponente della Templeton Foundationnell'annunciare il vincitore del premio, con le sue opere Halik "ha costantemente aperto nuove prospettive per il progresso dell'umanità". Egli, infatti, ordinato segretamente sacerdote nella Germania dell'Est nel 1978, ha sempre operato in favore della democrazia e della moralità, invitando al dialogo credenti e atei ben prima che la Cecoslovacchia fosse investita dall'urto del Comunismo, e continuando questa sua missione anche durante e dopo il Comunismo tramite la diffusione dei propri libri, tradotti in 18 lingue, il lavoro di cappellano presso la Charles Universitydi Praga e la cooperazione con Vaclav Havel, il primo presidente cecoslovacco dell'era post comunista, e il Papa polacco Giovanni Paolo II.

Ora, grazie ai soldi vinti, Halik potrà continuare questa sua missione al dialogo coinvolgendo non solo cattolici e atei, ma anche credenti di altre fedi, soprattutto nella Academic Parish di Praga dove, negli ultimi 25 anni, ha battezzato più di mille giovani. Come lui stesso ha affermato nel discorso di ringraziamento a Londra "il compito principale della fede e della teologia è quello di insegnare l'arte di vivere fra i paradossi della vita e il coraggio di penetrare la nebbia dell'ignoto".

In quello stesso discorso Halik, etichettato come "nemico del regime" durante il Comunismo, ha voluto ringraziare i suoi professori di filosofia e teologia, "molti dei quali trascorsero lunghi anni in campi di prigionia comunisti ed ebbero davvero poche possibilità di scrivere o pubblicare qualcosa", ma che gli furono d'ispirazione per il proprio pensiero e contribuirono alla sua formazione come filosofo e sociologo, tanto che oggi ricopre la cattedra di sociologia della religione alla Charles University.

Ma questo sorridente sacerdote ceco ci tiene a precisare che non solo i suoi professori furono per lui una fonte d'ispirazione, poiché il merito della sua conversione, in una famiglia dove la religione non era minimamente contemplata, va a due scrittori inglesi a lui molto cari, G.K. Chesterton e Graham Greene, presi poi ad esempio per spiegare il pensiero cristiano ai non credenti.

Da Chesterton ha sicuramente ereditato l'amore per i paradossi, i quali, dice, costituiscono la trama della vita: e come dar torto a uno che è diventato sacerdote a dispetto dell'ateismo della propria famiglia, tanto che ha dovuto tenere nascosti alla madre i suoi studi per il sacerdozio?

Ma se la vita è il campo in cui si manifestano i paradossi, allora non vengono esclusi nemmeno i diversi campi in cui la vita si declina, primo fra tutti il campo della fede. Infatti, paradossalmente, un ateo – che secondo l'approccio teologico diHalik troverebbe posto fra le fila degli "abitanti", cioè coloro che rimangono saldamenti aggrappati ad una religione ben organizzata o ad un ateismo militante – può trasformarsi in un "ricercatore" – cioè, sempre secondo le categorie di Halik, chi ricerca un significato più profondo della vita, o tramite la religione o tramite altre ricerche spirituali – qualora andasse al di là della ricerca del mero benessere materiale, mentre un fondamentalista della religione potrebbe dimostrarsi tanto inflessibile quanto il più accanito sostenitore dell'inesistenza nella vita di qualcosa di spirituale.

Secondo Halik, nella Repubblica Ceca di oggi la religione più diffusa è paradossalmente portata avanti dagli atei ed è la credenza in un qualcosa di indefinito che va al di là di ciò che la scienza può spiegare. Il dramma, dice Halik, è che, pur essendo sulla giusta strada nell'intuire un qualcosa d'altro, gli atei "non hanno pazienza nei confronti del silenzio di Dio" e distorcono l'immagine di Dio stesso, rendendosi ciechi con le loro stesse mani al vero Dio, colui che aiuta i credenti ad affrontare i paradossi e i misteri della vita. Simpaticamente il sacerdote aggiunge: "Quando un ateo mi dice qual è la sua immagine di Dio io penso 'Grazie a Dio tu non credi in questo Dio e, beh, nemmeno io ci credo!'".


Caterina Colombo

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