lunedì 19 dicembre 2011

Dal bambino non nato, regalo di Natale di Annalisa Teggi

La nostra carissima Annalisa Teggi, traduttrice ed esperta dell'opera del nostro Gilbert oltre che cara amica, ha appena ultimato la traduzione di una splendida poesia di GKC dal titolo By the Babe unborn (Dal bambino non nato).

Le riportiamo qui di seguito, poesia e traduzione, assieme al collegamento della relativa pagina del sito di Annalisa, ringraziandola per il lavoro che fa e per l'amicizia che ci lega (tra l'altro dobbiamo segnalare che Annalisa ha tradotto Quello che ho visto in America per Lindau ancora odoroso di tipografia or ora nelle mani dell'Uomo Vivo: un'opera da leggere perché ci dice la verità su cosa pensasse Gilbert su America, capitalismo, socialismo e altri accidenti del genere, con buona pace di chi si è fatto delle idee sbagliate in proposito, ma anche perché l'ha tradotta magistralmente la nostra Annalisa).

Pensatelo come un piccolo grande regalo di Natale.

By the Babe Unborn

If trees were tall and grasses short,
As in some crazy tale,
If here and there a sea were blue
Beyond the breaking pale,
If a fixed fire hung in the air
To warm me one day through,
If deep green hair grew on great hills,
I know what I should do.
In dark I lie: dreaming that there
Are great eyes cold or kind,
And twisted streets and silent doors,
And living men behind.
Let storm-clouds come: better an hour,
And leave to weep and fight,
Than all the ages I have ruled
The empires of the night.
I think that if they gave me leave
Within that world to stand,
I would be good through all the day
I spent in fairyland.
They should not hear a word from me
Of selfishness or scorn,
If only I could find the door,
If only I were born.

Dal bambino non nato
(traduzione di Annalisa Teggi)

Se ci fossero alti tronchi d'albero e ciuffi d'erba bassa,
come nella fantasia di certe fiabe,
e se più oltre si scorgesse a tratti un mare blu
a rompere la pallida linea dell'orizzonte,

se ci fosse una palla di fuoco appesa in aria
a riscaldarmi durante il giorno,
e se una folta chioma verde ondeggiasse sulle valli,
là saprei cosa fare.

Me ne sto nel buio: sognando che esistano
grandi occhi severi o gentili,
e strade storte e porte silenziose,
e uomini vivi dietro ad esse.

Che venga la bufera: meglio un'ora,
e poter piangere e combattere,
piuttosto che questo infinito vuoto
a misurare l'impero della notte.

Penso che se mi permettessero
di stare in quel mondo
sarei buono per un tempo pari
a questo lungo giorno nel regno delle fate.

Non udrebbero da me una sola parola
di egoismo o disprezzo,
se solo riuscissi a trovare la porta,
se solo nascessi.

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