domenica 14 novembre 2010

Dal prof. Carlo Bellieni

12 Novembre 2010 

Continuano ad essere pubblicati sulle riviste scientifiche articoli che denunciano l'uso dell'aborto selettivo per far fuori i "feti-femmine". L'ultimo e recente è sulla rivista "Issues in Law and Medicine" e si intitola "Feticidio femminile in India", scritto da N. Ahmad dell'Università del Brunei. L'aborto dei feti femmina è una pratica più recente dell'infanticidio femminile, spiega l'autore, perché solo da pochi anni si sa determinare il sesso del feto, ma è in netta ascesa; e per questo motivo non solo è fuori legge, ma anche è proibito rivelare ai genitori il sesso del nascituro.

Certo, è orribile abortire un feto o eliminare un embrione perché femmina. Ma esistono fior di bioeticisti occidentali (ovviamente lodati come progressisti) che approvano anche questa pratica. Come non citare il filosofo Julian Savulescu dell'Università di Oxford, che spiega come debba essere permessa la selezione dell'embrione in base al sesso? E anche le femministe occidentali, a differenza di quelle indiane, non vedono nessun problema in questa pratica, se non altro perché non si è sentita neanche una di loro dire una parola in opposizione, anzi ribadiscono che l'aborto debba essere un diritto inalienabile sempre e comunque. Come se non bastasse, è recentemente stato messo in commercio un kit per conoscere il sesso dell'embrione di 6settimane, esaminando poche gocce di sangue della mamma: secondo voi a cosa potrà servire? In molti casi ad evitare di dover comprare un corredino rosa? Ma è davvero moralmente accettabile? E non intendo per chi è antiabortista, ma proprio per le femministe: una pratica che si riversa contro le donne, perpetrando il preconcetto di una loro indesiderabilità se non di una loro inferiorità, ma che accettano per "amor di bandiera". Su cui taccionoper amor di bandiera.

E d'altronde come non capirle? Se avessero il coraggio di denunciare la strage di feti femmine dicendo che la motivazione è discriminatoria e futile, avrebbero ammesso che ci possono essere (eresia!) motivi futili per cui certe donne abortiscono. Ma nessuno infrange i tabù, tantomeno le femministe: il tabù che esistano motivi pretestuosi e superabili per cui le donne talora abortiscono; o meglio, per cui gli uomini spingono le donne ad abortire; o le mamme delle donne impongono alle figlie di abortire. Invece è così: escludete che vi siano aborti fatti per andare in vacanza, per comprare una macchina e quant'altro? Certo, ci sono anche motivi gravi e talora tragici, ma qui si apre un altro dilemma: qualcuno aiuta davvero le donne a superare le cause per cui chiedono di abortire? Lo sapete che in Inghilterra la dottoressa Tammie Downes che semplicemente chiedeva alle sue pazienti se poteva aiutarle a non abortire è stata denunciata? E che le donne afroamericane USA denunciano l'aborto – e i pochi sussidi- come strumento di eliminazione della minoranza di colore, che non avrebbe alternative per mantenere il figlio (New York Times, 28 febbraio 2010)?

Le donne non cercano nuovi metodi per abortire (sinceramente non ne mancano certo), ma mille mezzi economici e sociali per abbracciare il figlio. Suvvia, amiche femministe, riconoscetelo: l'aborto non sempre è una libera scelta. E talvolta, come nel caso dell'eliminazione dei feti femmine, o dei feti disabili, è chiaramente e vergognosamente discriminatorio. Ma l'India non è lontana, e chi può vietare anche qui da noi un aborto per la "colpa di essere femmina?", se il criterio è la "libera scelta"? E avete sentito qualcuno degli strenui difensori dei diritti delle donne (solo di quelle già nate), sempre pronti a reclamare i diritti civili (a senso unico), osar alzare un dito (coraggiosi!) per abbozzare una minima protesta?

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