lunedì 18 gennaio 2010

Gilbert K. Chesterton, “L’asino” – ovvero: la gloria di servire Cristo (nota del traduttore)

Dall'amico Rodolfo Caroselli, con un grazie a lui.

Cari amici, in una fase storica in cui dall’Inghilterra provengono solo notizie angosciose o frivole, voglio proporvi la mia traduzione poetica di un breve componimento fra i più famosi (a suo tempo) del nostro grande fratello inglese Gilbert Keith Chesterton.
G.K.C. non era certo un animalista, ma lasciatemi credere (a me che animalista lo sono) che almeno una sfumatura della simpatia e del rispetto presenti in questi versi vadano anche al quadrupede che, sia pure metaforicamente, ne è protagonista.
La metafora non è difficile da comprendere: anche il più disgraziato e vilipeso degli esseri (umani) può trovare il suo riscatto e la sua gloria nel servire silenziosamente il Signore. Pazienza, fede, umiltà: a queste semplici e grandi virtù cristiane ci richiama Chesterton tracciando con pochi, sapienti tratti la figura dell’asinello che portò Gesù a Gerusalemme nella Domenica delle Palme.


Gilbert Keith Chesterton, “The Donkey”

When fishes flew and forests walked
And figs grew upon thorn
Some moment when the moon was blood
Then surely I was born.

With monstrous head and sickening cry
And ears like errant wings
The devil's walking parody
On all four-footed things.

The tattered outlaw of the earth,
Of ancient crooked will;
Starve, scourge, deride me: I am dumb,
I keep my secret still.

Fools! For I also had my hour;
One far fierce hour and sweet:
There was a shout about my ears,
And palms before my feet.


Gilbert K. Chesterton, “L’asino” – (traduzione in versi italiani di Rodolfo Caroselli)

Pesci volaron, camminaron boschi
da spino un fico è nato
di sangue era la luna, son sicuro,
quand’io fui generato.

Capo mostruoso, un verso che ripugna
orecchie come ali
parodia quadrupede del diavolo
fra tutti gli animali.

Straccione io, reietto della terra,
da sempre il più ostinato;
fame, frusta, ludibrio: resto muto,
il segreto è celato.

Io pure, sciocchi! ebbi la mia ora;
gloriosa la gustavo:
clamore nelle orecchie ed un tappeto
di palme calpestavo.

Nessun commento: