mercoledì 1 ottobre 2008

Papa: la libertà cristiana non è libertinaggio né arbitrio, ma conformarsi a Cristo



Città del Vaticano (AsiaNews) – La libertà cristiana “non si identifica mai con il libertinaggio o con l'arbitrio di fare ciò che si vuole: essa si attua nella conformità con Cristo, e perciò nell'autentico servizio per i fratelli, soprattutto per il più bisognoso”. E’ l’insegnamento che San Paolo trae dal Concilio di Gerusalemme e che Benedetto XVI ha oggi riproposto ai 20mila fedeli presenti in piazza San Pietro per l’udienza generale, insieme alla considerazione che, come accadde tra Pietro e Paolo, “solo il dialogo aperto e sincero può orientare il cammino della Chiesa”.

Rientrato ieri in Vaticano dalla residenza estiva di Castel Gandolfo, il Papa ha dunque proseguito nell’illustrazione della figura dell’Apostolo delle genti, al quale sta dedicando fin da luglio le riflessioni per l’udienza del mercoledì. Oggi egli ha proposto all’attenzione dei fedeli due episodi che evidenziano da un lato il rispetto di Paolo nei confronti dei Dodici, dall’altro la sua libertà interiore.

Il primo episodio è il cosiddetto Concilio di Gerusalemme, tenutosi intorno all’anno 50. “L’assemblea si svolse in momento di non piccola tensione all’interno della comunità delle origini”. In particolare, si discuteva “se occorresse chiedere ai pagani che aderivano alla fede la circoncisione o se fossero liberi dalla legge mosaica, anche per le norme riguardanti i cibi puri e impuri, il sabato”. Ai fautori della giustizia nel rispetto della legge, “Paolo ha esposto il suo vangelo della libertà dalla legge, alla luce dell’incontro col Cristo Risorto”. Come scrive nella Lettera ai Galati, “nel Vangelo della libertà Cristo è la giustizia” e “si esprime pienamente nel servizio ai fratelli”. Il Concilio di Gerusalemme “esprime l’azione dello Spirito Santo” e “per Paolo è il decisivo riconoscimento della liberta condivisa da tutti coloro che vi parteciparono, quella liberta che Cristo ci ha donato”, perchè “non ci lasciassimo imporre il giogo della schiavitù”. “Paolo aveva capito che l grazia di Cristo aveva liberato i gentili dagli obblighi della legge di Mosé”.

L’altro episodio indicato dal Papa è “l’incidente di Cirene”, in Turchia. La questione riguarda “la comunione di mensa tra credenti giudei e pagani”, “un altro epicentro della legge di Mosé, quello tra cibi puri e impuri che dividevano gli ebrei osservanti dai pagani”. “Pietro inizialmente condivideva la mensa, con gli uni e gli altri, ma con l'arrivo di inviati Giacomo cominciò a evitare la tavola con i non ebrei. E diceva a Paolo ‘tu che sei giudeo vivi con i pagani’”. Ma per Paolo, “la separazione dai pagani era un motivo per dividere”. “Se la giustizia si verifica nella conformità con Cristo, che senso ha osservare ancora le regole?”. Per Pietro la questione era di “non perdere i giudei che avevano aderito al cristianesimo, per Paolo non sminuire il valore salvifico della morte di Cristo per tutti i credenti”.

L’incidente di Antiochia “è una lezione tanto per Pietro quanto per Paolo”: “solo il dialogo aperto e sincero può orientare il cammino della Chiesa”. “Il regno di Dio – ha concluso il Papa - non è questione di cibo, ma di giustizia, di pace”, “La lezione che dobbiamo imparare anche noi è lasciarci tutti guidare dallo Spirito, cercando di vivere nella libertà, che trova la sua guida e si concretizza nel servizio”. “Essenziale è essere sempre più conformi a Cristo, così siamo realmente liberi e così cresce in noi la vera certezza ed essenza profonda della legge: l'amore di Dio e del prossimo”.

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