mercoledì 30 gennaio 2008

La bellezza del rito tridentino e il Motu Proprio del Santo Padre.

Il nostro amico chestertonianguareschiano Alessandro Gnocchi ci ha fatto pervenire un suo interessante inedito.
Riguarda la bella novità del motu proprio Summorum Pontificum con il quale Papa Benedetto XVI ha definitivamente chiarito che il rito tridentino della Santa Messa, nella sua versione perfezionata da ultimo dal beato Giovanni XXIII, non è mai stato abolito, e che a determinate semplicissime condizioni può essere utilizzato per la celebrazione della Santa Messa.
Personalmente ho partecipato per puro caso per la prima volta due domeniche fa insieme a mio figlio ad una Santa Messa officiata secondo l'antico rito al Santuario dell'Addolorata a Campocavallo di Osimo (parrocchia retta dai Francescani dell'Immacolata, Arcidiocesi di Ancona-Osimo) e devo dire che ne sono stato contento. C'è una solennità particolare, detto così in due parole, e leggendo i brani del messalino che i frati avevano messo a disposizione dei fedeli trovo tante utili e importanti parole che credevo di aver dimenticato ma che facevano parte della mia primissima infanzia e che avevo imparato dai miei, a forza di sentirle.
Non mi sono sentito né tradizionalista (-ista... quando te ne appiccicano uno addosso sei fregato!) né tanto meno scismatico. Solo cattolico.
Nonostante questo provvedimento del Santo Padre, che ha una sua ragione ecclesiale profonda che troverete nel volume di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro "Rapporto sulla Tradizione" , Cantagalli Editore (per vedere cliccate qui), sembra che ci siano tante resistenze da parte di Vescovi e clero. Non tutti, ma c'è qualcuno che fa proprio un silenzioso muro, o comunque ostruisce ciò che il Santo Padre ha dato la libertà e la facoltà di fare. Questo lo trovo grave (non si disubbidisce al Papa e tutto quello che Egli dice va preso sul serio) e francamente incomprensibile. Penso che l'uso dell'antico rito gioverebbe molto in tanti tantissimi casi.
Spero che dicendo questo non mi procurerò guai ecclesiali, e che invece possa giovare la franchezza del mio parlare, anche solo per dire: "Vado e vedo".
Il resto lo lascio ad Alessandro.

Ho conosciuto don Camillo. Proprio lui, con la tonacona nera, il tabarro nero, la berretta nera e un sorriso di quelli che hanno solo preti cattolici: intendo dire quelli veramente cattolici.
L’ho conosciuto in un giorno di nebbia vicino al fiume. Erano le sette meno un quarto della mattina e faceva un freddo boia. E’ venuto ad aprirmi il cancello vispo come una fringuello. Io avevo due occhiaie fino alle ginocchia ed ero convinto di essere un eroe perché mi ero alzato alle sei e venti per andare a Messa. Lui era sveglio da prima delle cinque e aveva già detto il breviario, pregato quello che doveva pregare e organizzato la giornata.
Era don Camillo, anche se in realtà non si chiama così. Lo chiamo don Camillo perché somiglia tanto al prete di Guareschi, ma anche per proteggerlo: perché la Messa che stava per celebrare era quella di San Pio V, e il suo vescovo non vuole che si celebri.
Non fatemi dire di più: non un’altra parola sul vescovo e non una sillaba che possa tradire l’identità del mio don Camillo e del suo paese. Vi basti sapere che c’era la nebbia, una gran nebbia, quella della Bassa, o giù di lì.
Chi voglia gustare l’orgogliosa bellezza di essere cattolici, almeno una volta nella vita deve andare a Messa alle sette meno un quarto di una mattina gelata, con qualche cristallo di ghiaccio sulla barba, la nebbia nei polmoni e gli occhi aperti solo per il freddo. Ma deve essere la Messa di San Pio V, quella che ama anche Papa Benedetto XVI.
Farà un po’ freddo” ha detto don Camillo. “Ma ho acceso il riscaldamento”.
Per la verità, don Camillo aveva acceso, ma, come aveva promesso lui, fece “un po’ freddo”.
Come è bella la Messa quando si gela ed è così umido. A forza di Kyrie eleison, di Dominus vobiscum e di oremus, il freddo e l’umido non li senti più perché sono volati verso l’alto con l’incenso, la luce delle candele e le preghiere ad maiorem Dei gloriam.
I fedeli della Messa erano quelli delle grandi occasioni. La perpetua, che chiameremo Maria in onore alla Madre di Nostro Signore, e il sottoscritto.
Chi voglia gustare l’orgogliosa bellezza di essere cattolici, almeno una volta nella vita deve andare a una Messa dove si è al massimo in due oltre al sacerdote. Intendo la Messa di San Pio V, quella che ama anche Papa Benedetto XVI. Allora si capirà che cosa è la Comunione dei Santi. Perché io vedevo solo don Camillo e la signora Maria. Ma lì attorno c’erano tutti. Gli Angeli, gli Arcangeli, i Troni, i Cherubini, i Santi, i Beati e tutti i miei morti e, nel mio cuore, anche tutti i vivi a cui voglio bene. C’era persino Marco Sermarini, perché quella Messa, di cui gli ho parlato tanto, era anche per lui.
Che bello trovare gente con cui si condivide questa spiritualità” ha detto don Camillo in sacrestia. Una confidenza grandiosa nella sua drammaticità, se si pensa che questa non è altro che la fede cattolica.
Don Camillo, com’erano belli tempi in cui il nemico era Peppone. Il quale, essendo più cattolico di troppi cattolici che in realtà non lo erano, non era affatto un nemico e neppure un avversario, ma solo una pecorella da portare al buon Dio, magari con qualche calcio nel sedere in più.
Quante Messe sono trascorse da allora? Non so. Ma dalla terza, don Camillo mi ha fatto il regalo più grande che abbia mai avuto in vita mia, a parte mia moglie e i miei figli: mi ha fatto fare il chierichetto. Da allora tutte le mattine vado a servire Messa. “Introibo ad altare Dei”. “Ad Deum qui laetificat juventutem meam”.
Chi voglia gustare l’orgogliosa bellezza di essere cattolici, almeno una volta nella vita deve stare lì accanto all’altare su cui Nostro Signore viene ancora una volta a immolarsi per noi. Intendo la Messa di San Pio V, quella che ama anche Papa Benedetto XVI. Nostro Signore è proprio lì. Tu lo guardi, ti fai bambino e gli chiedi tutto quello che hai nel cuore. E vorresti proteggerlo anche se lui è immensamente forte. Ma è proprio questo il bello di essere cattolici: provare tenerezza nei confronti dell’Essere più potente dell’universo.
Non fatevi incantare dai manigoldi che vanno cianciando della debolezza di Dio. Se fosse debole non si sarebbe sacrificato per noi sulla Croce e non continuerebbe a farlo ancora. Non lo farebbe mentre io sono lì a reggere la pianeta a don Camillo durante la consacrazione, l’adorazione e l’elevazione.
Domenica scorsa eravamo in dieci alla Messa di don Camillo. Intendo la Messa di San Pio V, quella che ama anche Papa Benedetto XVI. La signora Maria non c’era. Si era presa un giorno di libertà. Don Camillo, con un tale folla di fedeli davanti, si è lasciato prendere la mano dall’entusiasmo e, all’omelia, ha usato il microfono. Alla fine della Messa, dopo che l’avevo aiutato a togliersi i paramenti e a spegnere le candele, è sceso tra la folla e ha detto: “Qui sotto, forse faceva un po’ freddo, ma noi sull’altare stavamo bene”. Poi si è girato verso di me e ha sorriso. Si vedeva che era proprio convinto di quello che diceva. Sarà che lui ha solo trent’anni. O sarà che uno che vede compiersi nelle sue mani il miracolo della transustanziazione il freddo non lo sente proprio.
Bisogna che mi applichi di più. E anche questo è il bello di essere cattolici

Alessandro Gnocchi

2 commenti:

Antonio ha detto...

Abito nelle Marche, nel fabrianese,seguo da tempo e condivido quello che scrivete e pubblicate sul Vs. sito.Vi faccio i complimenti e vi esorto a continuare perchè ritengo ci sisa grande bisogno,oggi più che mai, di farsisentire e di farsi conoscere utilizzando tutti i mezzi a disposizione.
Nella fattispecie vorrei sapere, se è possibile, esattamente dove si celebra la Messa in latino perchè vorrei parteciparVi.Vi ringrazio anticipatamente, Antonio di Sassoferrato(AN)

L'Uomo Vivo ha detto...

Carissimo Antonio,
grazie per i complimenti e per il sostegno. Diffondi il blog come puoi, è un atto di amore alla Verità che cerchiamo di diffondere con la buona volontà e consapevoli come diceva Chesterton che "se una cosa vale la pena di farla, vale la pena di farla male". Non sarà un blog high tech, ma il succo c'è.
La messa secondo il rito tridentino più vicina a te (per quanto Fabriano sia un po' lontana) è, per quanto se ne sappia, a Osimo, nel Santuario dell'Addolorata a Campo Cavallo, ogni domenica alle 16.15. La chiesa è parrocchia ed è officiata dal frati Francescani dell'Immacolata.