mercoledì 19 dicembre 2007

L’insolito ritorno di Chesterton


Pubblichiamo volentieri un articolo di Andrea Mondo, chestertoniano d'acciaio, sul ritorno di Chesterton. L'articolo è apparso recentemente sull'Osservatore Romano.
Grazie, Andrea, del tuo contributo.

Che fine ha fatto Chesterton? Chi si ricorda di lui? Se entrate in una libreria e fate il suo nome la risposta sarà probabilmente un “mai sentito”, oppure un “Chesterton chi? Quello dei romanzi gialli di Padre Brown? No, non si trova più nulla di lui, è tutto esaurito”. Se invece passate all’edicola potreste avere qualche sorpresa, riuscendo a trovare non solo i suddetti romanzi gialli nella versione televisiva (con il piccolo-grande Renato Rascel nei panni del prete-detective), ma anche un libro, per giunta inedito in Italia, del dimenticato scrittore inglese: infatti il numero 2937 dell’11 ottobre 2007 della collana “Giallo Mondadori” è L’uomo che sapeva troppo, raccolta di ben 14 racconti polizieschi, senza padre Brown come protagonista, sostituito dal diplomatico detective Horne Fisher. In teoria questa è e dovrebbe essere una notizia letterariamente esplosiva visto che sono anni che Chesterton non viene più ripubblicato nel nostro paese ma la “bomba” è stata lasciata quasi distrattamente nel luogo più comune e dimesso possibile, appunto l’edicola, sotto forma di un piccolo libretto giallo perso tra i quotidiani, i dvd in omaggio e i biglietti del tram. Tutto questo è molto “chestertoniano” perché GKC (questa la sigla con cui era noto in Inghilterra Gilbert Keith Chesterton) è stato, innanzitutto, un grande poeta (e le sue poesie sono ancora tutte inedite in Italia) e un grande poeta della quotidianità. Borges, che è stato uno dei grandi “fan” di GKC, ha colto tutta la cifra poetica di Chesterton, quando ha citato uno dei suoi tanti celebri aforismi: “Tutto passerà, resterà solo lo stupore, lo stupore per le cose quotidiane”. Che insomma oggi, dopo anni di oblio, si pubblichi, in edicola, un inedito di Chesterton in Italia, è qualcosa che può far indispettire i critici appassionati dello scrittore inglese, ma che avrebbe senz’altro divertito lo stesso scrittore così incline all’umorismo e all’allegria. Inoltre c’è da dire che questo piccolo libro giallo assomiglia tanto al sassolino che precede la valanga. Per il 2008 infatti, anno del centenario dell’uscita di Ortodossia, il capolavoro del Chesterton saggista, sono previste diverse novità editoriali che riguardano il creatore di padre Brown: dovrebbe uscire infatti un altro inedito, L'Utopia degli Usurai ad opera della casa editrice Excelsior 1881, oltre alla ripubblicazione della Mursia della splendida agiografia San Francesco d'Assisi, così come altre case editrici (da Rubbettino alla Morganti, dalla Bur a Fede&Cutura fino alla Marietti) stanno dimostrando un rinnovato interesse allo sterminato catalogo delle opere dello scrittore (si parla della ri-uscita di romanzi come L’Osteria volante e Le avventure di un uomo vivo nonché della serie dei racconti gialli di padre Brown). Per GKC pare insomma che il periodo di lungo e immeritato oblio sia destinato a finire. E’ un fatto di giustizia perché con Chesterton ci troviamo di fronte ad un vero “gigante” del pensiero e della scritture del ‘900”, talmente grande che praticamente impossibile esprimere in sintesi tutte le “diramazioni” del suo genio. Vale per questo scrittore quello che lui stesso ha scritto nelle prima pagina di uno dei suoi capolavori, l’agiografia di San Tommaso d’Aquino del 1933 (che fece gridare al miracolo ad grande esperto come Etienne Gilson): “si può tracciare un profilo di San Francesco, si può fare solo una pianta di San Tommaso, come la pianta di una città labirintica”. Qualche anno prima GKC si era cimentato, con straordinari esiti, nel tracciare il profilo del Poverello d’Assisi, ora, al tramonto della vita (GKC morirà il 14 giugno del 1936, salutato da un telegramma di Pio XI col titolo di Defensor Fidei), con il libro sull’Aquinate Chesterton “chiudeva il cerchio”. In effetti la scelta di dedicarsi come agiografo a queste due figure di santi non è casuale ma al contrario molto significativa: i due rappresentano i due “poli” del carattere del biografo, la Gioia e la Ragione. In Italia, a parte la lungimiranza di un critico come Emilio Cecchi, ben pochi hanno compreso la portata del genio chestertoniano che con queste parole fu salutato in Romania da Mircea Eliade qualche giorno dopo la sua scomparsa: “La letteratura inglese ha perso il più importante saggista con-temporaneo, e il mondo cristiano uno dei suoi più preziosi apologeti. L’Inghilterra è più triste e smarrita dopo la scomparsa di G.K. Chesterton. Le eresie moderne potranno diffondersi liberamente. Non ci sarà più la penna pungente di G. K. C. ad aspettarle. Non troveranno più l’avversario inarrivabile nella controversia, la sua sana intelligenza e il suo disarmante ottimismo. The Laughingh philosopher è stato chiamato. Il filosofo che ride. Ride perché è sfuggi-to al marchio della stupidità pretenziosa, perché ha smascherato l’immane stoltezza e l’insincerità che si celano dietro le eresie e le filosofie popolari. Ma ride al tempo stesso perché la vita è un ro-manzo sentimentale, perché il miracolo si compie senza sosta attor-no a noi, perché la salvezza è certa”. Questo “filosofo che ride”, col suo fisico imponente e i baffoni alla Obelix, è stato, tra l’altro, il grande cantore dell’ortodossia che così definisce nell’omonimo saggio: "Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell'ortodossia come di qualche cosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c'è invece niente di così pericoloso e di così eccitante come l'ortodossia: l'ortodossia è la saggezza e l'essere saggi è più drammatico che l'essere pazzi. La chiesa non scelse mai le strade battute, ne accettò i luoghi comuni, non fu mai rispettabile. E' facile essere pazzi; è facile essere eretici; è sempre facile lasciare che un'epoca si metta alla testa di qualche cosa, difficile e' conservare la propria testa” (s’intuisce quindi facilmente, perché, tra gli estimatori di Chesterton, ci sia stato anche l’allora teologo e poi cardinale Joseph Ratzinger). Questa capacità di ridere di gioia e di stupirsi della bellezza dell’esistente e del quotidiano è ad un tempo molto francescana e molto tomista: sempre nella biografia di San Tommaso Chesterton afferma che “non vi sono cose cattive, ma solo un uso cattivo delle cose o, se volete, non vi sono cose cattive, ma pensieri cattivi, specialmente cattive intenzioni... le cose buone, come il mondo e la carne, sono state contorte da una cattiva intenzione chiamata il diavolo. Ma egli non può fare cattive cose; queste rimangono come nel primo giorno della creazione. L’opera del cielo fu materiale, la costruzione di un mondo materiale. L’opera dell’inferno è interamente spirituale." C’è qualcosa di più contraddittorio rispetto al vago spiritualismo dilagante nelle società occidentali contemporanee? Forse non è un caso che qualcuno si sia attivato per promuovere una causa di beatificazione nei confronti di Chesterton; non è casuale, almeno alla luce delle riflessioni dello stesso scrittore sulla santità: secondo GKC “il paradosso della storia è che ogni generazione è convertita dal santo che maggiormente la contraddice”, in questo senso “il santo una medicina perché è un antidoto. Ed è per questo anche che il santo è spesso un martire; viene scambiato per un veleno proprio perché è un antidoto […] Eppure ogni generazione cerca il suo santo d’istinto, ed egli non rappresenta tanto ciò che la gente vuole, quanto ciò di cui essa ha bisogno”. Il ritorno, così insolito, di Chesterton nello spazio letterario italiano, potrebbe essere letto da questo punto di vista come uno di quei segni del paradosso della storia: GKC con la sua irrompente vitalità gioiosa e la sua calorosa fiducia nelle capacità della ragione umana, è proprio quel “santo-antidoto” di cui la nostra società ha bisogno. Qualche anno dopo la morte di Chesterton, dal carcere nazista in cui si trovava recluso in attesa del martirio, il teologo Dietrich Bonhoeffer scriveva: “Chi ai nostri tempi può ancora coltivare senza preoccupazioni la musica e l’amicizia, suonare e stare allegro? Sicuramente non l’uomo “etico”, ma solamente il cristiano”. La benefica risata del gigantesco Chesterton, paladino dell’ortodossia cattolica, ha scosso il mondo e continua a farlo perché c’è solo una vera, terribile eresia: quella della tristezza e della disperazione.

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