mercoledì 7 marzo 2007

Voi lo pensate, noi lo diciamo - 2

Per l'ottima rubrica "Punti di fuga" de Il Giornale del 1 Marzo 2007, eccovi un interessante punto di vista del presidente della Fondazione per la Sussidiarietà Giorgio Vittadini sulla questione dei voti e di tutte le fantastiche amenità sentite nei giorni scorsi per giustificare tutti i turamenti di naso - crisi di coscienza - spaccamenti&ricompattamenti dell'attuale precaria maggioranza.
Un altro ottimo esempio di "Voi lo pensate, noi lo diciamo". Meno male.
Noi chestertoniani lieti rilanciamo.
I neretti sono nostri.



Se la vera preferenza è tradire gli elettori

L’anno scorso, al momento delle elezioni, caratterizzato dall’abolizione delle preferenze senza uno straccio di primarie, i capi delle coalizioni hanno scelto a tavolino, come in una partita di Risiko serale, i “nostri” rappresentanti in Parlamento. Così, in certi casi, una pattuglia di soubrette e portaborse servili ha soppiantato all’ultimo momento valenti uomini politici capaci di rappresentare istanze e interessi reali della popolazione. In questi tempi di risse quotidiane, quando si parla di riforme elettorali, l’unico punto che vede d’accordo quasi tutti è il mantenimento dell’abolizione delle preferenze.

La crisi del Governo Prodi e il suo ritorno alle Camere ci hanno mostrato una nuova tappa nel percorso della nostra democrazia. Un eletto, in profonda crisi di coscienza, si accorge di non appartenere più allo schieramento per cui gli elettori lo hanno votato, ma di avere una irresistibile attrazione per l’altro. Non confida questo drammatico turbamento al suo elettore e non abbandona il suo mandato parlamentare per approfondire il significato della sua crisi di coscienza e ricominciare a fare politica su principi diversi da quelli fino adesso perseguiti. No, è preso da un grande senso di responsabilità e vuole salvare, con il suo voto, le sorti del Paese, annunciando urbi et orbi che cambia schieramento “perché l’Italia merita un Governo”. Come molti hanno scritto e documentato, non è un fenomeno nuovo, ma una nuova edizione di quel trasformismo che esiste fin dalla mediocre Italietta post-risorgimentale.

Tuttavia, ci si aspetterebbe l’indignazione di chi ci ha ripetuto fino alla noia che il bipolarismo permette all’elettore di capire da subito quali sono le opzioni in gioco, chi sta di là e chi sta di qua. Ci si aspetterebbe che questi personaggi si chiedessero cosa c’entra con la volontà dell’elettore questa forma strana di bipolarismo che, dopo avere dato un peso eccessivo ai facinorosi estremisti di entrambi gli schieramenti, permette agli opportunisti di centro di determinare le sorti politiche del Paese.

Sorprende quindi che i professionisti della questione morale, con serietà o con cinica ironia, relativizzino la gravità del fatto, ricordando i voltagabbana dell’altra parte; esaltino l’accaduto come grande mossa politica; lo enfatizzino attraverso interviste che non si concedono a capi di Stato.

Tutto ciò non significa che chi vota con chiarezza non desideri un clima più sereno, un dialogo tra maggioranza e opposizione, anzi. Il Governo potrebbe qualificarsi su un programma chiaro e comprensibile, anziché su fumosi programmi, in quella distinzione netta tra ruoli dell’Esecutivo e del Parlamento che è nel dettato costituzionale. Il resto dei temi può essere dialogato a livello di Parlamento su agende che nascono per il bene comune, per sostenere lo sviluppo economico, l’emergenza educativa, la politica estera. E se una coalizione non sta più piedi, si scelgano altre formule, alla luce del sole. “Di mezzo” a queste opzioni non c’è altro.


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