venerdì 23 febbraio 2007

"Dove finisce la legge e inizia la carità"


Il Giornale, quotidiano milanese, ospita ogni giovedì la rubrica bellissima "Punti di fuga", curata dal grandissimo Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà. Questo articolo -se volete- è la continuazione, propria della nostra cultura cattolica, del post precedente, sulle culle antiaborto giapponesi. Il neretto è nostro. L'articolo lo trovate pure sul sito de Il Giornale (www.ilgiornale.it) e sul sito della Compagnia delle Opere (www.cdo.it). Quest'ultimo lo potete visitare cliccando il titolo qui sopra.


Pochi giorni fa in un dibattito televisivo l’onorevole Alemanno ha affermato che in un società civile non occorre normare tutto, che non tutti i comportamenti “virtuosi” devono essere stabiliti per legge. Ciò significa che deve predominare l’anarchia e il disordine dell’imprevisto?

Per rispondere a questa domanda possono aiutare due fatti, entrambi accaduti nell’ambito dell’assistenza ai malati di Aids.

Un po’ di tempo fa un pubblico ufficiale si presenta a una casa di accoglienza per malati di Aids dell’hinterland milanese esibendo un mandato di cattura: deve arrestare un malato. Infermieri e inservienti gli dicono che non è possibile: la situazione del malato è molto grave, giace su un letto e non può più muoversi. Constatato lo stato grave del malato, contatta per telefono il magistrato per sapere il da farsi. La legge non può fermare il suo corso: l’ordine di cattura viene confermato. Il malato arrestato viene condotto verso il carcere in un’ambulanza scortata dalla forza pubblica. Dopo un giorno però fa ritorno con la stessa ambulanza da cui probabilmente non è mai sceso. Si viene a sapere che nessuno si è sentito di prendersi la responsabilità di questo malato-arrestato, anche a causa della paura di un possibile contagio. Così, dopo uno strano e un po’ grottesco girovagare, il magistrato tramuta l’ordinanza in arresto domiciliare da scontare nella stessa casa di accoglienza e nello stesso letto dove era stato fino al giorno prima.

Il secondo episodio: un’addetta all’assistenza domiciliare trasporta in ospedale per una medicazione un malato di Aids in condizioni molto gravi, con una gamba amputata. Il medico quasi non vuole medicarlo rendendosi conto che non gli rimane molto da vivere. La ragazza rimane colpita e torna il giorno dopo, cosa inusuale, fuori dall’orario di lavoro, con un suo collega per andare a trovare il malato. Del malato si potrebbe dire con Jannacci “che ’l pareva nisun”. Non vuole mangiare, non lo lavano, giace abbandonato, quasi inerte in un angolo, non ha probabilmente nessuno al mondo. I due lo lavano, gli fanno la barba, vincono la sua riluttanza e gli danno da mangiare. In piccolo, avviene qualcosa che tante volte è accaduto alle suore di Madre Teresa: il malato con un fil di voce apre gli occhi e dice alla ragazza: “Grazie, ti voglio bene”. Pochi giorni dopo muore.

Si può trarre un insegnamento generale: se al di sotto e prima della legge ci sono le esigenze di giustizia, di bellezza, di verità inscritte nel cuore dell’uomo e i comportamenti che ne derivano, il nascere di un’amicizia libera e disinteressata tra chi compie un lavoro assistenziale e chi è assistito può cambiare il significato di un’esistenza; un insegnante che educa appassionato al destino dei suoi studenti, li apre alla vita e alla conoscenza con risultati inimmaginabili; una famiglia dove si viva un amore gratuito ospita la vita nascente e quella rifiutata da altri.

Perciò una norma è giusta solo quando cerca di interpretare i fatti virtuosi che accadono nella realtà, quando rispetta le esigenze umane elementari senza pensare di esaurirle: per una convivenza veramente civile, per la risposta ai bisogni più veri dell’uomo. Come dice Benedetto XVI: anche nella società più giusta la carità sarà sempre necessaria…

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